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Firenze dedica una piazza a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Da oggi una piazza ricorda a Firene la giornalista Ilaria Alpi e l’operatore triestino Miran Hrovatin, uccisi, il 20 marzo 1994, in un agguato a Mogadiscio, in Somalia, mentre svolgevano un’inchiesta giornalistica.

A pochi giorni dalla riapertura a Perugia del processo di revisione sul loro omicidio, il Comune del capoluogo toscano ha fatto propria la proposta della Comunità delle Piagge, il comitato locale che si è fatto promotore del riconoscimento alla loro memoria.

Alla cerimonia ufficiale di sabato 19 marzo, con la posa delle targhe da parte del Comune di Firenze, è stata invitata anche la Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin, nata all’indomani dei quattro lutti che nel 1994 colpirono il mondo del giornalismo triestino.

La tragedia di Mogadiscio avvenne infatti a soli due mesi dal 28 gennaio, quando gli inviati Rai Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo vennero uccisi a Mostar da una granata mentre stavano realizzando uno speciale TG1 sui bambini vittime della guerra nell’ex Jugoslavia.

La presidente della Fondazione, Daniela Luchetta, era presente domenica a Firenze, all’incontro pubblico “Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, alla ricerca di verità e giustizia nel ricordo dei giornalisti uccisi perché sapevano troppo”, organizzato dalla Comunità delle Piagge insieme a Mariangela Gritta Greiner, già presidente dell’Associazione Ilaria Alpi, alla giornalista esperta di segreti di Stato, Sandra Bonsanti, a Ornella De Zordo, promotrice della mozione approvata dal Consiglio comunale per l’intitolazione della piazza, e a Alessandro Santoro e Cristiano Lucchi della Comunità delle Piagge.

 

Daniela Luchetta ha raccontato lo spirito con cui è nata la Onlus che da allora opera a Trieste a favore dei bambini vittime delle guerre o incurabili nei loro Paesi d’origine, annunciando fra le novità, l’arrivo dall’Iraq del piccolo Hathal, sopravvissuto al genocidio che nell’agosto 2014 la comunità di curdi yazidi ha subito dall’Isis.

Il piccolo fa parte dei 400mila riusciti a fuggire nel Kurdistan iracheno tra mille atrocità, lasciando tutto all’improvviso, le loro case distrutte. In Kurdistan hanno trovato rifugio nei campi di accoglienza allestiti dall’Onu, dove però scarseggiano cibo, acqua e medicinali.

A individuare Hathal, colpito da emofilia, nei campi degli sfollati, insieme a altri 300 bambini bisognosi di cure urgenti, è stato il medico triestino Marzio Babille, già presidente dell’Unicef in Iraq, ora esperto in l’Iraq del Ministero degli Esteri, che ha fatto il possibile perché potesse essere curato in Italia. Qui ha incontrato la Fondazione Luchetta pronta ad ospitarlo.