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Sam, il sorriso ritrovato

Il team di Urologia e Chirurgia pediatrica dell’Ospedale “Burlo Garofolo” di Trieste ha restituito la vita e il sorriso al nostro Sam, dodicenne etiope affetto da una grave malformazione.

Immaginate: 12 anni senza andare a scuola, senza giocare con gli amici, evitato pressoché da tutti. E’ – o meglio – era la vita di Sam, ragazzo di 12 anni affetto da estrofia della vescica. In parole povere, il bimbo sin dalla nascita aveva la vescica aperta verso l’esterno, e l’urina gli colava costantemente sulla pancia e sulle gambe. E pensate poi dover subire simili condizioni d’igiene in un paese caldo e povero dal punto di vista sanitario come l’Etiopia.

Il caso di Sam (nome di fantasia) è stato segnalato alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin da un’altra Onlus, Centro aiuti per l’Etiopia. Il 27 agosto la Fondazione ha accolto nella casa di via Valussi il ragazzo e Bosè – vera e propria mamma-coraggio, l’unica che non ha abbandonato Sam – e ha mobilitato il “Burlo”. Il resto l’ha fatto il team del professore Waifro Rigamonti, primario di Chirurgia e Urologia pediatrica dell’Ospedale infantile triestino.

“Appena arrivato — racconta Rigamonti — Sam soffriva ancora più psicologicamente che fisicamente. Non si alzava dal letto, restava a fissare la Tv, e quando ci avvicinavamo si lamentava e urlava. Non l’abbiamo mai visto sorridere, né lui né la mamma. E invece, quando si è risvegliato dopo dieci ore sotto i ferri, la prima cosa che ha voluto sapere è stata «adesso potrò giocare a pallone?». Oggi, a un mese dall’operazione, sembra un bambino diverso, comincia a capire e parlare l’italiano, continua a guardare il paio di scarpe da ginnastica che gli hanno regalato, aspettando di cominciare a giocare a pallone. Mi ha chiesto a che squadra tengo e quando gli ho detto «al Brescia» si è messo a ridere, «ma che squadra è: io tengo al Barca»”.

Sam resterà ancora per un po’ ospite della Fondazione per seguire i progressi post-intervento. Intanto sta imparando cose come una spugna, andare in bici, navigare in internet, grazie al progetto “Scuola in ospedale” sta prendendo lezioni di chitarra e italiano.

E finalmente sorride: “Adesso sono tanto contento. Di quest’operazione avevo paura, ma sapevo anche che era l’unica cosa che potessi fare. Ora potrò giocare a calcio e andare a scuola… E da grande voglio fare il medico”.