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Da Miran e Ilaria, a Giulio e Antonio, chiedendo giustizia

A nemmeno due mesi dalla strage di Mostar, in cui persero la vita Marco Luchetta, Saša Ota e Dario D’Angelo, Trieste viene nuovamente pugnalata al cuore

Il 20 marzo 1994 perde la vita a Mogadiscio in Somalia, il teleoperatore Miran Hrovatin, che fino a poco prima aveva coperto la guerra in Bosnia. Questa volta è un assassinio vero e proprio contro lui e la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi, “zittiti” per sempre per aver indagato sul traffico di armi e rifiuti tra Italia e Somalia. Oltre a queste circostanze oramai acclarate, la magistratura in 25 anni non è arrivata a null’altro. Nel 2019 il pubblico ministero continua a chiedere la chiusura dell’indagine per mancanza di elementi. La giustizia è ben oltre a quel processo a cui probabilmente non si arriverà mai.

«Sono passati 25 anni anche dall’assassinio di Miran e Ilaria a Mogadiscio, avvenuto appena due mesi dopo quello di Marco, Saša e Dario – commenta la presidente della Fondazione, Daniela Schifani Corfini Luchetta -. Al fatto terribile in sé si aggiunge l’amarezza di non essere arrivati da nessuna parte nella ricerca della verità su quanto accaduto. Ad oggi abbiamo solo un’indagine che si avvia ad essere archiviata. Ricordando Miran non riusciamo a non pensare anche a Giulio Regeni, un altro caso che sta a cuore alla Fondazione e in cui la ricerca della verità è nascosta da un muro di gomma. Un ultimo pensiero, poi, viene spontaneo rivolgerlo ad Antonio Megalizzi, anche lui giovane ed entusiasta, vittima 4 mesi fa di un odio fanatico ed estremista che continua a manifestarsi in varie parti del mondo, variando la propria matrice ma non la ferocia, come dimostrato dai drammatici avvenimenti di questi giorni».