I volontari della Fondazione Luchetta: conosciamo Gianfranco Zucca
In concomitanza con l’uscita quadrimestrale della newsletter della Fondazione Luchetta, prende il via con questo primo articolo una serie di interviste dedicate ai nostri volontari.
Le attività della Fondazione non sarebbero possibili senza l’aiuto delle moltissime persone che abbiamo conosciuto in questi anni. Questo filone non poteva che iniziare con l’intervista ad uno dei nostri volontari storici, attivo dal 2011: Gianfranco Zucca. Manutentore prima, autista-accompagnatore ora, Gianfranco ha coperto diverse attività in Fondazione in questi undici anni di volontariato, occupandosi ora principalmente dell’accompagnamento dei bambini e delle bambine a scuola e alle visite mediche presso l’Ospedale IRCCS Materno Infantile “Burlo Garofolo”.
Quando sei arrivato in Fondazione?
“Io sono andato in pensione nel 2011 e la prima cosa che ho pensato è stata che, siccome lavoravo in ferrovia e facevo molti lavori di manutenzione, sarebbe stato bello continuare in queste attività per fare del bene.
Quell’anno ho parlato con il papà di un ragazzo che giocava a calcio con mio figlio e mi ha raccontato delle Fondazione e delle attività che faceva come volontario. Ho quindi cominciato con i lavoretti di manutenzione nelle strutture di accoglienza. Nel tempo, mi sono anche preso una pausa dal volontariato, un annetto circa, per poter fare il nonno a tempo pieno con mio nipote e, una volta tornato in Fondazione, mi hanno chiesto se fossi disponibile per fare l’accompagnatore-autista. Ho deciso di accettare ed è quello che faccio tutt’ora”.
Perché fare volontariato è importante?
“Fare volontariato è un’opera di bene davvero importante, che aiuta gli altri ma anche se stessi. Si tratta di un modo per rendersi utili e fare del bene ad altre persone”.
Quali sono i principali ricordi che hai come volontario della Fondazione?
“Ricordo sia cose belle sia cose brutte: i ricordi più indelebili sono quelli dei bambini e delle bambine che purtroppo non ci sono più o che sono andati via perché i genitori volevano spostarsi, ma i ricordi che mi riempiono di gioia sono senza dubbio quelli dei bambini e delle bambine che stanno bene. Mi ricordo molto di Aveen, una bimba che viveva nel nostro centro di accoglienza di Via Valussi che è andata via pochi mesi fa. Io con lei mi divertivo davvero: a casa ho una piantina che mi ha regalato sua mamma. Ogni volta la vedo e penso a lei”.