“Cambiare lo sguardo”, giovani slovacchi in visita alla Fondazione
Una ventina tra ragazze e ragazzi slovacchi hanno visitato mercoledì la sede amministrativa, e le due case di accoglienza della Fondazione Luchetta.
Una imbarazzata curiosità da una parte verso le attività della Fondazione, e la consueta buona accoglienza da parte degli ospiti delle case di via Valussi e via Chiadino. Si è svolto in questo clima, perfettamente multiculturale, la visita delle ragazze e dei ragazzi slovacchi impegnati in un’esperienza di crescita personale a Trieste. Parola d’ordine “Cambiare lo sguardo”, che è anche il nome del campo giovani promosso dalla parrocchia dell’Immacolato Cure di Maria di via S. Anastasio di Trieste.
Ad accompagnare i ragazzi il parroco e missionario clarettiano Renato Caprioli.
“Tutto è iniziato 11-12 anni fa con uno studente slovacco, Peter, che faceva l’Erasmus a Trieste in psicologia infantile, poi si è sposato con Lucia, entrambi sono stati volontari nella nostra missione in Gabon. Da lì è iniziato questo campo giovani, e ogni anno ospita soprattutto slovacchi, ma abbiamo avuto ragazzi dall’Inghilterra e anche dall’Italia.”
Come funziona questa iniziativa?
“E’ una specie di vacanza-esperienza. Di mattina si lavora sodo, ordinare, verniciare nell’ambito della parrocchia, e nel pomeriggio si va al mare, ma si fanno anche esperienze con le realtà del territorio. Si vive la multiculturalità, la realtà multireligiosa ecumenica di Trieste, ma anche l’aspetto umano nella Domus Lucis, nel dormitorio per i senza fissa dimora.”
Come vivono i ragazzi questo scontro in corso tra gli appelli di Papa Francesco per l’apertura massima all’accoglienza e le spinte politiche per una chiusura?
“In Slovacchia e nell’Europa dell’est è forte la paura dell’immigrazione. Io penso che questa crisi di oggi ci deve spingere a coltivare l’aspetto più universale, ovvero l’aspetto umano. E penso che Papa Francesco abbia un’audience più universale, a volte più fuori dalla Chiesa che dentro. Questa è la novità. Senza questo aspetto si arriva alla disumanità. La persona è il primo livello di religiosità, e una vera fede aiuta a essere vicino all’uomo.”